Conto Anch’io a Sassuolo Dice: Basta violenza sulle donne!

07.03.2014 15:03

Conto Anch’io a Sassuolo Dice: Basta violenza sulle donne!

(Che questo rosso d’ora in avanti e per sempre serva solo per sottolineare la Parola:” Basta Violenza sulle Donne” e non sia mai più il rosso del sangue di una Donna)
La violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani che coinvolge tutti gli strati e gli ambiti della società, da quello familiare a quello sul lavoro. Minacciare, umiliare, picchiare: la violenza sulle donne non è solo l'aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include anche vessazioni psicologiche che minano l'autostima e l'identità creando isolamento, ricatti economici, minacce, violenze sessuali, persecuzioni che spesso vengono usate per esercitare il potere degli uomini nei confronti delle donne, attraverso un clima di paura che il più delle volte coinvolge anche i figli. A volte la violenza di genere sfocia nella sua forma più estrema, il "femminicidio": In Italia ogni 7 minuti un uomo stupra o tenta di stuprare una donna. Ogni 3 giorni nel nostro Paese un uomo uccide una donna.

"Usciamo dal silenzio" e diamo voce al dolore parlandone e denunciando le sopraffazioni, senza avere paura, agli organi competenti.

"Usciamo dal silenzio,diciamo basta alla violenza sulle donne”- per contribuire alla sensibilizzazione sul fenomeno della violenza di genere. Per la diffusione del messaggio è stato scelto di fare in centro un banchetto per dar Voce alla nostra protesta contro la “VIOLENZA SULLE DONNE”.
Lotta alla violenza sulle donne e rispetto della donna in ogni momento della sua vita sociale, lavorativa, e famigliare. Questo è il tema che vogliamo imporre all’attenzione dell’opinione della città di Sassuolo. Sembra paradossale che a circa 150 anni dall’inizio della battaglia per l’emancipazione e l’uguaglianza della donna – sostenuta con forza dal Movimento Operaio dalle sue origini e dalle grandi lotte politiche e culturali della seconda metà del Novecento promosse dai movimenti femminili e femministi – si debba tornare su un punto fondamentale: il rispetto delle differenze e della persona come premessa indispensabile del vivere civile.
Eppure i dati sono drammatici, tanto da far nascere dubbi sulla festa dell’8 marzo in un Paese come il nostro, dove si calcola che la metà delle donne di fascio di media età abbia subìto, nell’arco della propria vita, ricatti sessuali sul lavoro o molestie sotto varie forme (pedinamenti, esibizionismo, telefonate oscene, molestie verbali e fisiche).
Secondo i sondaggi sui posto di lavoro viene esercitato con frequenza il ricatto sessuale. Sono un numero elevato le donne che hanno subito molestie o ricatti, una buona parte delle lavoratrici, incluse le donne in cerca di occupazione. Le più colpite dalle molestie sono le ragazze: per loro la probabilità di essere oggetto di molestie e ricatti è doppia rispetto alla media. Subito dopo vengono le donne .
È nelle famiglie che si registrano più soprusi, violenze e omicidi. Solo due anni fa sono state uccise molte donne. Nella maggioranza dei casi per mano del proprio compagno o del proprio marito. Sono dati gravi, ma non dicono tutto. È possibile che i femminicidi siano più di quelli rilevati: in Italia, infatti, non esiste un “Osservatorio nazionale sul femminicidio” . Questo disinteresse del nostro Paese e sulla violenza contro le donne la dice lunga su quanto l’Italia sia lontana dall’affrontare il problema.
A questi dati, già di per se terribili, occorre aggiungere il gran numero di stupri denunciati ogni anno, sottolineando che gran numero di donne preferisce non denunciare la violenza subita, spesso per paura o per vergogna e per il fatto che il bastardo è membro della famiglia: in quasi gran parte dei casi lo stupratore e il violento è il partner.
Dietro questi dati vi sono donne umiliate nel loro intimo e spinte, non di rado, nella disperazione più profonda. Perché tutto ciò è possibile? Perché, almeno in parte, in Italia permane una cultura maschilista idiota che concepisce la donna come una propria proprietà, e non come una persona. Non è priva di responsabilità una legislazione che considera la violenza sulla donna “un male minore”, nonostante i grandi passi in avanti compiuti negli anni più recenti.
Non è sufficiente avere buone leggi, buoni giudici e pene severe. Si tratta di un salto culturale. Come spesso capita, per invertire questo terribile trend di violenza, occorrerebbe investire nella formazione scolastica e nell’educazione permanente degli adulti. Solo partendo da una formazione culturale responsabile e in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è gravemente sbagliato, si potranno raccogliere risultati durevoli. Solo coltivando il rispetto e il valore delle differenze, riusciremo ad aumentare la consapevolezza nelle future generazioni che la violenza, le vessazioni, le umiliazioni sono sempre e comunque la risposta sbagliata a delusioni o a contrasti tra persone o, peggio ancora, per sfogare frustrazioni.
Abbiamo un forte bisogno di una cultura che consideri moralmente deplorevole il comportamento di certi avvocati che, in difesa dei propri assistiti, umiliano le donne che denunciano le violenze subite. Riporto una storia di un avvocato difensore che chiese a una donna che era stata violentata, se portava abitualmente le mutandine e di che tipo. Come se questo possa fare la differenza. E di un padre, che disse a suo figlio di 10 anni mentre stava discutendo di uno degli ennesimi atti di violenza subiti da una donna, disse una frase di profondo insegnamento da non dimenticarsi mai: “Una donna ha diritto a dire di no sino all’ultimo secondo. Anche se foste nudi nello stesso letto, lei ha diritto a dire di no. Il sesso deve soddisfare un desiderio reciproco e deve basarsi sul consenso esprimendo una comune volontà, se no è violenza”.
La battaglia culturale deve iniziare dalla scuola, dalla formazione delle nuove generazioni. Se si insegnasse il rispetto per l’autodeterminazione degli altri forse, tra qualche anno, riusciremmo a diminuire sensibilmente la violenza contro le donne nel nostro Paese. I cambiamenti culturali richiedono tempi lunghi e per questo nel frattempo si deve lavorare su questioni concrete. Occorre investire nei centri antiviolenza, nelle case aiuto, nel supporto psicologico, nei centri anti tratta delle donne (tenendo conto che le donne straniere uccise sono molte). Occorre porre limiti alle pubblicità che utilizzano in modo improprio il corpo delle donne. Un uso talmente improprio che Napolitano a invio, nel 2011, un messaggio alla presidente della Commissione per le pari opportunità, in cui con forza affermava: “È evidente che la comunicazione di un’immagine della donna che risponda a funzioni ornamentali o che venga offerta come bene di consumo offende profondamente la dignità delle donne italiane. Non solo: questo stile di comunicazione nei media, nelle pubblicità, nel dibattito pubblico può offrire un contesto favorevole dove attecchiscono molestie sessuali, verbali e fisiche, se non veri e propri atti di violenza anche da parte di giovanissimi. Bisogna educare i giovani al rispetto della donna.”
Non è vero che non si può cambiare. Si può, se lo vogliamo. Ecco perché Noi dell’Associazione Conto Anch’io a Sassuolo crediamo che questo 8 Marzo debba essere di speranza e di lotta. Noi nel nostro piccolo, il cambiamento lo vogliamo ed è per questo che assieme a tanti altri, nella nostra Associazione Conto Anch’io a Sassuolo, ci impegniamo da militanti guardando con convinzione a un futuro migliore per le nuove generazioni.
Buon 8 marzo, cittadine e amiche in una comune battaglia.

 

Alessandro Rocchi
Associazione Culturale “ Conto Anch’io a Sassuolo”
PER UNA NUOVA POLITICA, ANCH’IO POSSO DECIDERE
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